Questa nota di Roger Flury (già presidente della IAML) è stata pubblicata il 31 agosto scorso a cura di Jennifer Ward, nel sito web della IAML,  per ricordare i 70 anni dalla morte del compositore livornese Pietro Mascagni. Si ringraziano la IAML e J. Ward per avere cortesemente concesso la pubblicazione. Traduzione di Giulia Visintin.

 

Un ricordo di Pietro Mascagni a settant’anni dalla morte (1863-1945) di Roger Flury

Povero quel compositore che si trovi a produrre un’opera così famosa da rendere invisibile ogni altro frutto della sua creatività. Un bell’esempio di questa sfortuna è il giovane Pietro Mascagni: decise di partecipare a un concorso per un’opera in un atto, con l’intento di raggranellare un po’ di denaro, sia per mantenere la famiglia sia per mettersi in luce con gli editori musicali – nel far questo, però, dovette interrompere la composizione dell’opera che gli stava ben più a cuore: Guglielmo Ratcliff. Si sa come è andata: non solo Mascagni divenne celebre da un giorno all’altro, ma diede anche il via al filone del verismo musicale. Nel giro di pochi anni, si trovò ad essere uno dei compositori più ricchi del mondo.

L’autore di Cavalleria rusticana scoprì presto che da lui non ci si aspettava altro che nuove opere nella stessa vena. Al termine di un concerto privato al castello di Windsor, la regina Vittoria, che aveva ascoltato alcune parti de L’amico Fritz, una commedia lirica di carattere pastorale, lo sollecitò: «Signor Mascagni, quando ci darete un’altra Cavalleria rusticana?», gettando comprensibilmente nello sgomento il giovane e orgoglioso musicista. Anche se Mascagni ha cercato in tutti i modi di scrollarsi di dosso la fama di sanguigno verista, i posteri non hanno voluto – almeno fino agli anni più recenti – riconoscere la vera grandezza del suo genio creativo.

Nei settant’anni trascorsi dalla sua morte, alcuni coraggiosi hanno provato a tributargli quel riconoscimento che merita ampiamente. Un suo precoce, instancabile estimatore è stato il musicologo Mario Morini, autore di una monografia fondamentale, pubblicata da Sonzogno nel 1964. Con uguale costanza, il direttore Gianandrea Gavazzeni ha sostenuto il valore di Mascagni in ogni occasione possibile. Ma la fama del compositore è stata sempre in una zona d’ombra – fatta eccezione per la Cavalleria – anche a causa dei suoi legami con Mussolini e con il regime fascista.

Per combinazione, fra 2001 e 2002, sono usciti due studi in inglese su Mascagni, che si spera abbiano contribuito all’attuale, rinnovato, interesse per l’uomo e per le sue opere. Uno è il lavoro di chi scrive: Pietro Mascagni: a bio-bibliography (Westport, Conn.: Greenwood Press, 2001; n. 82 della serie Bio-bibliographies in music). Dopo pochi mesi Alan Mallach ha pubblicato Pietro Mascagni and his operas (Boston: Northeastern University Press, 2002). Si tratta di una splendida biografia, frutto di ricerche accuratissime, il migliore e più approfondito ritratto di Mascagni attualmente disponibile.

Qualche esecuzione delle altre opere, altre da Cavalleria per intendersi, viene allestita in rare occasioni, in giro per il mondo. Rincuora dunque sapere che il Wexford Festival ha in programma, per il prossimo ottobre, la messa in scena del Guglielmo Ratcliff, rappresentata assai di rado. Si tratta dell’opera che perfino Giuseppe Verdi giudicò con ammirazione – ottima scelta, per celebrare il settantesimo anniversario della morte di Pietro Mascagni.

Altre informazioni sono disponibili nel sito web, in lingua inglese, Mascagni.org («The most comprehensive online resource about Pietro Mascagni»): all’indirizzo <www.mascagni.org>.

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